Tornare sulla terra ferma non è stato semplice, ho passato quasi 5 giorni in mare da solo, con me stesso, i miei pensieri e le mie paure. Sono stati cinque giorni ma è come se fosse stato un mese ed ora necessito di ritrovare un nuovo equilibrio interiore. Dopo i trambusti e la festa del mio arrivo a Trapani di domenica - 14 marzo - mi sono preso qualche giorno per riposare, ho sistemato la barca, ho fatto un po’ il turista, spedito a casa del materiale che ora non mi servirà più e ho ri-organizzato il proseguo del mio viaggio lungo il Sentiero Italia.

E’ mercoledì- 17 marzo - e finalmente si riparte. Oggi breve tappa di 10km da Trapani ad Erice accompagnato dalla sezione del Cai locale. Erice è uno splendido borgo arroccato a 750 mslm composto da un dedalo di viuzze lastricate tra vari saliscendi, dal quale si gode una vista eccezionale sul golfo di Trapani e le isole Egadi. In questo luogo è stato ricavato e realizzato il punto di accoglienza n°2 del Sentiero Italia all’interno di una stupenda baita appena ristrutturata (è il punto di accoglienza n°2 perchè il n°1 è stato dato ad Amatrice dopo il tragico terremoto n.d.r). Parto con calma, cammino piano piano lungo il sentiero mentre mi raccontano e mi illustrano le bellezze di questi luoghi. Sento il mio corpo, risponde bene e sono in forze per proseguire il mio viaggio con serenità. Arrivato al Santuario di S. Anna incontro una troupe del Tg3 della Regione Sicilia che mi fa una breve intervista, ma non sono decisamente a mio agio di fronte alle telecamere! E’ stata davvero una bella giornata per ri-cominciare a camminare ed ora sono felice di abbandonare un poco la civiltà e tornare a marciare in solitudine. Nei prossimi giorni dovrò allungare decisamente il passo sperando di non prendere troppa acqua perchè è previsto un meteo decisamente avverso.

Giovedì - 18 marzo - mi sveglio nello stupendo borgo di Erice e mentre mi rimetto in marcia mi riaffiorano i racconti su questo magico luogo. Vi è una antica leggenda che narra che quando ad Erice sale la nebbia e avvolge il Monte, che da queste parti viene chiamata “cappello” o, più romanticamente, come preferiscono gli ericini, “l’abbraccio di Venere”, è la Dea (Venere) che fa ritorno alla sua montagna. Questo monte per secoli fu la montagna della dell’amore e della fecondità. Cammino e mi lascio il borgo di Erice alle spalle mentre inizia a piovigginare. Marcio svelto, oggi c’è poco da ammirare, le nuvole sono basse e i km da percorrere sono molti. Arrivo a Baglio Cappottelle e ne approfitto per acquistare un pò di pane cunzato: sarà il mio pasto di oggi! Raggiungo la costa e mi incammino in piano lungo il mare camminando su uno stupendo itinerario che aggira il monte Cofano e conduce fino a San Vito Lo Capo. Il meteo cambia velocemente, il vento gioca con le nuvole che vanno e vengono giocando a nascondino con il sole. La pioggia finalmente mi da un pò di tregua e all’orizzonte comincio a intravedere gli stupendi faraglioni e le pareti di roccia a picco sul mare che tanto contraddistinguono questo luogo. Proseguo e arrivo a Macari, dove mi inoltro nella stupenda riserva dello Zingaro. Mancano poche ore al tramonto e decido così di dirigermi verso Passo del Lupo dove piazzerò la tenda per la notte. Finalmente ritorno nella mia dimensione fatta di solitudine, natura, vento, acqua, albe e tramonti, silenzio e - certo - del mio inseparabile fornelletto!

Venerdì - 19 marzo - dopo lo stupendo tramonto di ieri sera, grazie all’esposizione da Est a Ovest di Passo del Lupo, mi sveglio a buon ora nella speranza di godermi anhe una stupenda alba sulla riserva dello Zingaro. Purtroppo non tutto va come si spera: l'acqua è tornata a farmi visita e il cielo è grigio come il mio umore. Cammino e sento la natura attorno a me gridare. La sento forte che mi avvolge con le sue urla silenziose mentre osservo questa scena di violenza e rinascita. Le cicatrici dei gravi incendi dolosi che hanno colpito questa zona si fanno sentire ancora in maniera pesante. Mi impressiona, ma la natura non si da mai per vinta e con gran forza manifesta la sua voglia di rinascita con fiori colorati che spuntano dal terreno in contrasto con gli alberi neri che sembrano gridare ancora di dolore. Cammino e man mano che mi inoltro in questo stupendo territorio tra calette e antiche borgate arrivo ad una enorme galleria scavata nella roccia. Questo tunnel incompleto è un monumento in ricordo alla scelleratezza che a volte incombe sull’uomo e che lo porta a compiere opere insensate. Questa strada era stata pensata per collegare Scopello a San Vito lo Capo passando appunto all’interno della riserva dello Zingaro, ma grazie ad una vera e propria rivolta popolare non solo quest’opera è stata bloccata e ma è stata generata la Riserva Orientale dello Zingaro, prima riserva della Regione Sicilia. Arrivo a Scopello e cerco un negozio per fare della spesa, ma è tutto chiuso. Cerco un bar dove riesco a recuperare qualche cosa da mangiare visto che la mia dispensa è decisamente vuota e non mi rimane nulla da cucinare. La pioggia cade forte e copiosa, cerco di non pensarci e di marciare il più velocemente possibile. Finalmente trovo una tettoia dove decido di accamparmi per la notte. Ho freddo e sono bagnato fradicio. Mi cambio velocemente, mi metto seduto dentro al sacco a pelo mentre mi faccio un thè caldo e organizzo una stentata cena. 

Sabato - 20 marzo - durante la notte ho iniziato a sentire delle gocce che penetravano nel mio sacco a pelo. La forte pioggia scesa nella notte e la pessima tettoia hanno decisamente combuttato contro il mio pernottamento. Con una rocambolesca mossa funambolica riesco a riorganizzare gli spazi e da abile contorsionista trovo un angolo asciutto in cui potermi incastrare e continuare a dormire. Mi sveglio nell'abbraccio caldo del mio sacco a pelo, gli scarponi ancora bagnati mi guardano e l’idea di infilare i miei piedi caldi e asciutti in quel acquitrino un poco mi destabilizza. Ripartire è stato come camminare a piedi nudi in uno stagno, ci vuole un attimo per trovare il giusto comfort, ma una volta trovato si prosegue senza alcun problema. Mi incammino lungo delle strade sterrate che ormai sono diventate delle trappole di fango che creano uno zoccolo fastidioso sotto la suola. Cammino come un robot cercando di muovermi velocemente sbattendo i piedi per togliermi quella fastidiosa zavorra di fango che si aggroviglia ai miei scarponi. Finalmente giungo ad Alcamo dove riesco a fare la spesa e anche una breve intervista con una TV locale: questa vita da celebrità mi distrugge! Finita l’intervista proseguo per il mio viaggio, l’itinerario di oggi è decisamente noioso e quasi quasi sono felice che piova così ho una scusa in più per viaggiare il più velocemente possibile e cercare di concludere il prima possibile questa tappa. I sentieri sembrano fiumi e i fiumi sembrano sentieri. Disorientato mi ritrovo a guadare un torrente in mutande mentre sui miei piedi cominciano a spuntare delle squame. Lotto contro la pioggia, i torrenti e mi sento quasi ancora in mezzo al mare. Arrivo con le ultime luci del sole al Casale del Principe di Annusi, uno stupendo agriturismo avvolto dalla natura. Mi avvicino per cercare dell'acqua - non che non ne avessi preso abbastanza eh! - e vedendomi in quelle condizioni decidono di accogliermi sotto il portico della loro struttura. La pioggia non da cenno di fermarsi e mentre mi accingo a cucinarmi un ottimo cous cous di melanzane, i gestori dell’agriturismo mi offrono una fantastica bistecca di lonza con funghi e del vino.

Domenica - 21 marzo - nonostante i miei piedi si stiano piano piano trasformando in due mozzarelle mi sveglio pieno di energie ed in meno di un'ora sono già in marcia. Oggi ho una lunga tappa da affrontare e non ho molto tempo da perdere. Finalmente abbandono le noiose strade sterrate per dei stupendi sentieri. Cammino nell’erba alta bagnata e nel giro di poco tempo mi ritrovo completamente fradicio con delle rane nelle scarpe. Finchè non uscirà il sole sarà impossibile far asciugare completamente tutto il materiale, sarà una dura convivenza prima di trasformarsi definitivamente in un anfibio. Sento il freddo, cerco di non pensarci e cammino velocemente senza troppe soste concentrandomi sulle punte dei miei piedi ed sul Cannolo che mi aspetta a Santa Cristina Gela: dicono che sia il più buono della Sicilia. Cammino di buon passo, le nuvole sono basse e cerco di mantenere il più possibile il materiale asciutto. Dopo 20 km di marcia arrivo finalmente a S. Cristina Gela, dove faccio un pò di spesa e assaggio la leccornia locale. Decisamente una bomba di energia e di buon umore, dell’ottimo carburante per i 25km restanti della tappa odierna. Mi ritrovo così all’interno della riserva della Ficuzza, un posto incantevole dove ammiro degli alberi enormi dalle dimensioni mai viste. Castagni, sugheri, querce e rovelle compongono una ambientazione senza tempo dove per un attimo sembra anche che la pioggia si plachi. Continuo per il mio percorso lungo l’antica ferrovia a scartamento ridotto che conduce a Ficuzza, dove finalmente arrivo dopo aver percorso 45km. Vago nel centro del paese, e dopo essermi concesso un bell’aperitivo mi rifugio sotto i portici del centro per passare la notte riparato dalla pioggia.

I piedi mi danno qualche preoccupazione, ma spero che arrivi presto il sole per far asciugare gli scarponi così da permettermi di poter proseguire senza troppi problemi. Se tutto procede secondo i piani giovedì prossimo dovrei arrivare nelle Madonie dopodichè proseguirò verso i Nebrodi. Dovrei arrivare sull’Etna tra il 28 e il 30 marzo sperando che tra eruzioni e quant’altro non ci siano problemi a passare. Per questa notte e domani - domenica 21 e lunedì 22 marzo - danno neve in arrivo. Spero vivamente che sia un abbaglio così da potermi gustare i sentieri lungo i Monti Nebrodi.

A lunedì prossimo !

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1 comment

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JOyce Marzo 29, 2021

Elia- Bravo. Che viaggio fai adesso. e perfetto durante il COVID. - Ho camminato un po in Italia, e veramente bella da vedere, che bel paese. Auguro da USA, ti seguro. -

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