Lunedì 27 settembre – Malga Chivon – Passo monte Croce Carnico

Lascio, alle prime luci dell’alba, la casera che mi ha ospitato e protetto dalla pioggia che scrosciava questa notte. Di buon passo risalgo verso il passo dell’Oregone, che mi porta sul confine tra l’Austria e Friuli. Da qui, una piccola deviazione mi fa raggiungere il rifugio Pier fortunato Calvi, ufficialmente inizio della prima tappa del Sentiero Italia Cai del Friuli. Una breve sosta per prendere il timbro del rifugio e salutare i gestori che, guardando le nubi all’orizzonte, mi preannunciano l’arrivo della neve nei prossimi giorni… speriamo non abbiano ragione!! Dopo un caffè caldo e una fetta di torta mi rimetto in cammino scendendo in Val Fleons e risalendo poi la Val Siss Anis fino al passo del Giramondo. I paesaggi di queste alpi sono magnifici: boschi sconfinati sormontati da rocce dolomitiche in spazi immensi. Il Friuli mi sta piacendo molto. Passo il confine con l’Austria fino al lago Volayer dove arrivo per pranzo e riesco a scaldarmi un po’ e a riparami dal vento presso la VolayereeHutte. Riparto, dopo pranzo, verso il rifugio Marinelli dove arrivo carico di umidità a causa della lunga cavalcata nella nebbia. Sono tutti in fase di chiusura, ma nonostante questo, trovo sempre molta accoglienza e disponibilità. Immerso nella nebbia comincio a scendere verso il Passo Monte Croce carnico dove spero di trovare un riparo e riuscire a rimpinguare le scorte per i prossimi giorni. Entro nell’alberghetto che si trova al passo e ricevo subito un’ottima accoglienza, simpatica e famigliare. La cameriera mi offre la possibilità di fare una doccia calda e la proprietaria la possibilità di dormire in veranda, al caldo e all’asciutto. Dopo cena l’invito è per domani mattina alle 8 per la colazione.

Martedì 28 settembre - Passo monte Croce Carnico – Bivacco Lomasti

Mi alzo presto e, per velocizzare i tempi, faccio colazione da solo per poi prendere un cappuccino con la gestrice e riuscire a partire per le 7,30. Faccio scorta di pane e formaggio per i prossimi giorni in modo da essere autonomo per quanto riguarda il cibo e lascio il passo, accompagnato da una bella giornata di sole. La mattinata passa tra doline, sassi e trincee militari del Pal Piccolo, un altopiano carsico molto suggestivo teatro della Prima Guerra Mondiale. Risalgo verso il Pal Grande e poi, in discesa, in direzione di malga Pramosio, dove decido di concedermi una breve pausa allietata da una torta e un succo di mele. Da qui continuo, in quota, su sentiero in saliscendi, fino al rifugio Fabiani per poi proseguire imboccando la Val Dolce fino alla Sella di Aip, sovrastata dall’omonima, magnifica cresta che domina il panorama da lontano. Giungo che ormai è buio, grazie all’ausilio della pila frontale, al bivacco Lomasti: pittoresco rifugio appena ristrutturato con tanto di luce interna, pannello solare e carica batterie. Purtroppo, dopo essere stata messa in carica, la pila frontale ha smesso di funzionare: spero di non averne di nuovo bisogno, visto che non amo affidarmi solo alla torcia del telefono: ogni dispositivo ha la sua funzione!

Mercoledì 29 settembre - Bivacco Lomasti – Festrizier Alm (Sella Bistrizza)

Visto che ieri sera sono giunto con il buio, mi sveglio con la speranza di trovare all’esterno del bivacco una bella alba per godere del magnifico panorama. Purtroppo le mie aspettative vengono deluse: apro la porta e mi accorgo di essere immerso nelle nubi. Le previsioni, che hanno annunciato possibilità di pioggia, hanno indovinato. Mi metto in cammino raggiungendo la sella di Aip per poi ridiscendere le piste da sci fino al Passo Pramollo. La stagione, ormai terminata, mi fa trovare tutto chiuso. Mi dirigo verso il confine austriaco: dopo la tempesta Vaia alcuni tratti del sentiero Italia sono impraticabili. Seguo i consigli di chi conosce la zona e prendo una variante che segue l’Alta Via dei Monti Carsici, chiamata anche alta via numero 3 dell’Austria. Il tempo sembra non voler peggiorare anche se rimango immerso nelle nuvole. Raggiungo Eggeralm dove mi fermo per pranzo. Gli alpeggi austriaci sono davvero caratteristici: case in legno, circondate da verdi pascoli come in una cartolina; tutto è ordinato e bucolico con uno stile davvero unico. Riguadagno terreno verso l’Italia raggiungendo il rifugio Nordio dove, nonostante sia tutto chiuso, trovo qualcuno a cui chiedere qualche consiglio sulla tappa di domani: dalla mappa noto infatti che ci sono alcuni tratti attrezzati e chiedo conferma sulla fattibilità del tragitto. Mi consigliano inoltre un negozio dove poter sostituire la pila frontale. Mi incammino nuovamente verso il rifugio Festrizer Alm, dove giungo appena in tempo, prima che la pioggia battente cominci a scrosciare. L’accoglienza è molto calorosa. La gestrice, dopo poche parole, decide di ospitarmi per la cena e per la notte con vero spirito di montagna.

Giovedì 30 settembre - Festrizier Alm (Sella Bistrizza) – Rifugio Corsi

Il mio sonno ha prevalso anche se il vento ha soffiato forte tutta la notte. Così come ieri, anche questa mattina mi ritrovo immerso nella nebbia fitta. Fortunatamente non piove! Mi lascio alle spalle il passo in una luce senza orario e senza tempo: tutto è buio e grigio, non si capisce se sia sera o mattina. Dopo una breve salita che mi porta alla Madonna della Neve, e una lunga discesa, giungo a Camporosso in Val Canale. Cerco il negozio sportivo (Lussari Sport) e aspetto che apra per comprare l’indispensabile pila: voglio evitare di trovarmi senza luce i prossimi giorni. Proseguo lungo la pista ciclabile del fondo valle di Tarvisio, imbocco la Valbruna e, in lontananza, comincio ad intravedere il Jof Fuard, considerata una delle più belle e imponenti montagne delle Alpi Giulie. Seguo la comoda sterrata nel bosco. Si cominciano ad intravedere i primi segni dell’arrivo dell’autunno: il giallo degli aceri e dei faggi è in contrasto con gli abeti, mentre i timidi larici cominciano ora ad ingiallire; il sole fa fatica a sorgere e l’aria è piuttosto fredda. Imbocco un ripido sentiero che si inerpica fino al rifugio Pellarini. Sopra di me, le guglie calcaree mi fanno compagnia. Mi aspetta una bella cavalcata: raggiungo sella Carnizza, che mi fa entrare nella valle omonima tramite due brevi tratti attrezzati. Da qui in discesa ripida, fino a prendere la ferrata Puppis che risale per cenge calcaree guadagnando la forca di Rio Bianco. Mentre risalgo tra i pini mughi, fino al bivacco di Gorizia e, tramite un infinito, ripido ghiaione fino alla forcella Vallon, mi raggiungono i primi raggi di sole. Vengo ripagato dalle fatiche da un panorama mozzafiato che spazia in tutte le direzioni. E’ tardi. Scendo velocemente nel vallone che mi porta al rifugio Corsi accompagnato da camosci che, osservandomi incuriositi, si saranno chiesti cosa ci facesse una persona, da sola a quell’ora, in un luogo così selvaggio. Raggiungo il bivacco e mi preparo una bella cena accompagnata da un buon Montasio DOP, vino prodotto sul massiccio qui vicino.

Venerdì 1 ottobre - Rifugio Corsi – Malga Provalo

Le Alpi Giulie mi danno il buongiorno con un’alba magnifica che mi fa compagnia durante la colazione. Sotto di me un mare di nuvole da cui sbucano, tinte di rosso, infinite creste calcaree.  Un arrivederci spettacolare, dato da questi luoghi, visto che oggi concludo la mia traversata delle Alpi e prevedo di raggiungere le Prealpi entro domani. Dal rifugio salgo per valicare al Passo delle Scalette e poi giù, volando sopra un mare di nebbie, verso Sella Nevea, luogo molto turistico nella stagione invernale. Qui mi fermo: un caffè, spesa leggera per il pranzo, e comincio la salita verso il rifugio Gilberti, sotto la vetta del Monte Canin. Percorro un sentiero molto suggestivo ma poco frequentato, sintomo della scarsa presenza di turisti durante l’estate; chissà perchè, visto che mi trovo in un ambiente davvero eccezionale!! Risalgo verso la sella Bila Pec da dove comincia la mia traversata del Monte Canin, in un ambiente lunare, immerso in lastre compatte di calcare. Raggiungo Sella Grubia e con lei lascio, per l’ultima volta, la quota 2000: d’ora in poi, le quote percorse saranno più basse.  E’ questo un momento importante!! La meta è sempre più vicina!! Scendo in val Resia e mi lascio alle spalle le Alpi per entrare nel parco naturale delle Prealpi Giulie; questo non vuol dire che i sentieri saranno meno impervi e selvaggi, anzi!! Arrivo a quota 400 in Val Resia e giungo a Stolvizza dove prendo un caffè mentre chiacchiero con alcuni avventori incuriositi dalla mia presenza. Con calma mi incammino verso Oseacco dove ho in programma di concludere la giornata ma, visto che le prossime due tappe saranno piuttosto impegnative, decido di proseguire. Faccio una spesa veloce offerta gentilmente dalla proprietaria del negozietto che si appassiona alla mia avventura e, seguendo i consigli dei local, mi avventuro verso Provalo, un piccolo alpeggio dove trovo un posto comodo per mettermi al riparo. Vado a letto presto, visto che i prossimi due giorni mi aspettano ancora due lunghe tappe e, poichè non troverò punti di rifornimento sul percorso, avrò lo zaino piuttosto pesante, in modo da avere scorte di cibo sufficienti.

Sabato 2 ottobre – Malga Provalo – Montefosca

Le campane del paese che suonano forsennatamente mi svegliano di soprassalto la mattina presto. Dopo un’abbondante colazione, mi lascio alle spalle il mio riparo, accompagnato da uno sparo improvviso che mi fa sobbalzare spaventato: presumo sia cominciata la caccia. Dovrò avere un po’ di attenzione in più nel muovermi per i boschi. In poco tempo arrivo a Sella Carnizza, piccolissimo abitato sul confine Sloveno. Devo ricominciare a riabituare occhi, corpo, testa all’ambiente: d’ora in poi tornerò a ripercorrere boschi e colline. Mi mancheranno tanto le creste maestose e le valli selvagge!!! Dal passo di Tanamea, comincio una lunga risalita verso la cima di Montemaggiore, percorrendo una cresta erbosa, che immagino molto panoramica, ma che purtroppo trovo immersa nella nebbia. Raggiungo la vetta che sono molto stanco, lo zaino pesante non aiuta certo la progressione in salita e le gambe ne risentono. Visto il clima piuttosto fresco, dopo una breve pausa, ridiscendo velocemente verso il paese di Montemaggiore, dove pranzo con un panino. Si tratta di un piccolo abitato dove la vita sembra essersi congelata: non esistono bar e per strada non incontro nessuno. Lungo boschi e mulattiere, procedo verso Prossenicco dove, per fortuna, incappo in un bar-agriturismo. Mentre mangio una fetta di torta, accompagnata da un caffè, chiacchiero con la proprietaria. Mi consiglia di proseguire lungo un vecchio sentiero che un’associazione di volontari ha ripulito e che mi porta direttamente alla dogana senza percorrere la lunga e noiosa strada forestale. Decido di seguire il consiglio perchè, oltre a risparmiare tempo, è giusto valorizzare i sentieri del passato che altrimenti andrebbero persi a causa delle nuove strade forestali. Arrivo a Montefosca con le ultime luci. Trovo un paesino fantasma: nessun suono, nessuna presenza se non quella di qualche gatto infastidito dal mio cammino. Mi riparo sotto una tettoia, mi sfamo con una pasta al ragù e vado a dormire; ormai, seguendo gli orari del sole, mi ritrovo a dormire sempre di più mentre si riducono le ore di luce e di conseguenza anche le ore per camminare.

Domenica 3 ottobre – Montefosca – bivacco Zanuso

Mi sveglio ed il pensiero va alla giornata che mi aspetta: sarà la mia ultima domenica sul Sentiero Italia e anche l’ultima tappa con un dislivello importante, anche se i chilometri non saranno tantissimi. Mi rimetto in cammino percorrendo una ripida mulattiera che perde velocemente quota verso Stupizza, altro piccolo borgo pressochè disabitato, attraversato dal fiume Natisone. Le nuvole basse e pesanti mi perseguitano e rendono l’atmosfera crepuscolare. Imbocco un ripidissimo sentiero che conduce alla chiesa di S. Lorenzo, posto a metà della lunga salita e mi fermo per riposare bevendo qualcosa. Proseguo poi tramite mulattiera a mezza costa che mi porta fino alle pendici del monte Matajur, rilievo più rappresentativo e simbolo delle Valli del Natisone. Abbandono il programma di raggiungerne la vetta visto che, a causa della fitta nebbia, non riuscirei a godere del panorama, e proseguo fino al rifugio Pelizzo. Entro per riscaldarmi e, tra chiacchere e bicchieri di vino, passo, in ottima compagnia, più di un ora. Ormai il più, anche oggi, è fatto e posso godermi anche i momenti di relax. MI metto di nuovo in cammino raggiungendo l’abitato di Cepletischis, dove mi concedo una sosta per pranzare. Sono paesi che hanno subito un forte processo di spopolamento, iniziato verso la fine dell'Ottocento e proseguito con intensità maggiore dopo la metà del XX secolo, dovuto in parte a motivi comuni a tutte le zone montuose italiane, ed in parte a motivi particolari legati alla durezza di vita conseguente alla vicina cortina di ferro (il confine italo-jugoslavo). Risalgo verso Topolò, piccolo e caratteristico borgo dal nome singolare (il nome indica un terreno ricco di alberi di pioppo), attraversato da strade ciotolate e, cosa singolare, pieno di vita: c’è un bar, persone, attività, rumori…il tutto grazie ad un’associazione del luogo che sta’ cercando di ripopolare il borgo. Mi accolgono molto calorosamente al bar, o meglio al centro di ritrovo, e mi invitano a restare per la cena e a dormire. Il mio programma, era raggiungere il bivacco Zanuso, posto sulla cresta del Colovrat, zona di confine e teatro di terribili scontri durante i conflitti mondiali. Sarebbe stata la mia ultima notte sopra i 1000 metri e, quando la montagna chiama, io proprio non riesco a resisterle. Rinuncio all’ospitalità, alla doccia calda, al sonno ristoratore in un letto, prendo il mio zaino, appesantito da un ottimo stufato di patate, e riparto. Mi aspetta una ripidissima salita fino alla vetta del monte Nagnoj, dove inizia la traversata del Colovrat, dorsale tragicamente interessata dalla battaglia di Caporetto, che portò alla ritirata delle truppe italiane fino alla linea del Piave.  A metà della cresta, trovo ad accogliermi il bivacco, illuminato da un magnifico tramonto che fa capolino tra le nubi basse che non promettono nulla di buono. Entro nel piccolo ricovero in legno, molto confortevole e, mentre cucino, cominciano a cadere le prime gocce di pioggia. Spero che si sfoghi questa notte e, domani mi lasci camminare all’asciutto.

A presto!

 

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