Lunedì – 3 maggio - Le giornate che si fanno man mano più calde sono di stimolo per partire sempre prima, al mattino: salto fuori dal sacco a pelo alle prime luci dell’alba e, mentre l’acqua del the bolle, lo zaino è già pronto. L’energia della primavera è contagiosa e pervade ogni cellula, tutto è più veloce! Visto che all’alba sono già operativo, mi avvio e avviso Carmine, con il quale ho previsto di trovarmi per fare un tratto insieme, di raggiungermi fuori dal paese. Con sorpresa il mio compagno di viaggio arriva portando due golosissime brioches alla crema che saranno la mia colazione. Partiamo di buon passo verso il Santuario di Monte Vergine percorrendo l’antica mulattiera che utilizzavano i pellegrini per recarsi al monastero: un selciato, a volte gradinato, con un’ottima pendenza. Prima delle 9 ci si presenta dinanzi l’immensa e imponente mole del Santuario: da qui il panorama sul territorio avellinese è mozzafiato e, voltandomi indietro, ripercorro con gli occhi il lungo tragitto dei giorni scorsi. Dopo una breve pausa ristoratrice e una carica di energia data da un buon caffè accompagnato da una fetta di torta, proseguo da solo il cammino. Il sentiero avanza lungo tutta la linea di cresta che collega Toppole al Monte Cesco. Si tratta di una cresta infinita, interminabile, con continuo sali-scendi, immersa in boschi di faggi e aglio orsino. Ogni tanto le radure mi permettono di spaziare con lo sguardo verso le prossime tappe: Massiccio Matese ancora imbiancato di neve e, in lontananza, Maiella Gran Sasso. Comincio la discesa, ogni passo attutito da un soffice tappeto di foglie che raggiunge a volte il polpaccio e fa venire voglia di correre. Più mi abbasso di quota più i sentieri diventano trascurati: a volte un albero caduto o i rovi rallentano il mio cammino. Raggiungo il paese di San Martino e da qui, dopo 2 ore di strada asfaltata, Montesarchio. La ricerca di acqua mi conduce fino al santuario della Madonna di Taburno dove la presenza di una fontanella mi permette di rinfrescarmi. Questa notte la passo senza nessun tetto sopra la testa con la sola compagnia delle stelle.

Martedì – 4 maggio - La nottata passata al santuario è risultata essere molto più agitata del previsto: coppiette, gruppi di amici, chiacchere, ma soprattutto il suono costante, ogni ora, delle campane hanno ridotto notevolmente le mie ore di sonno. All’alba, parto comunque di buon passo verso il monte Taburno, circondato costantemente da radure, pascoli ed enormi faggete, con un fitto sottobosco di aglio orsino. La mia tappa di oggi é tutta all’interno del Parco Regionale Taburno – Campo Sauro, un massiccio calcareo dell’Appennino Campano. Nel pomeriggio sopraggiunge qualche nuvola, preludio della pioggia che arriva inesorabile mentre sono a fare la spesa nel paese di Telese. Ricerco un posto riparato nel bosco per piantare la tenda e mi concedo un’abbondante cena con la compagnia del ticchettio delle gocce sul telo. Speriamo che domani non piova troppo.

Mercoledì – 5 maggio - Nonostante le previsioni dessero pioggia forte durante la notte, non è scesa nemmeno una goccia e mi sono risvegliato fortunatamente più asciutto del previsto. La prima ora di cammino è trascorsa all’interno del Parco Naturale di Monte Pugliano: una zona di formazione dolinica frequente sui pianori erbosi. Si tratta di conche più o meno larghe e profonde, che terminano ad imbuto, alimentando un inghiottitoio di acque. A causa della fitta e rigogliosa vegetazione sono riuscito a scorgerne poche. La mattina l’ho trascorsa su stradine di campagna immerse in uliveti e vigneti accompagnato da un cielo plumbeo che rendeva tutto un po’ triste. Ho aumentato il passo fino al paese di Gioia Sannitica, piccolo borgo del Matese caratterizzato da un bel castello. Da qui, una salita impegnativa, accompagnata da una buona dose di “ravanage”, mi porta a Piana delle Pesche, zona all’interno del Parco del Matese. Durante la salita l’incontro con un pastore di capre e pecore è culminato con un provvidenziale bicchiere di vino bevuto in compagnia. Lo stesso pastore mi ha anche regalato ½ litro di vino del suo bottiglione di 5 litri, vino che ha poi accompagnato il mio pranzo innaffiando i 2 panini e rallegrandomi la giornata. Mi aspetta ora una lunghissima discesa di ben 1500 metri su fondo ammorbidito da terriccio e foglie di faggio, un piacere per i piedi e le ginocchia provati dal continuo camminate su fondo calcareo sconnesso. Giungo al paese di San Potito Sannitico dove la sezione CAI mi ospita in un accogliete agriturismo: una bella doccia mi ricarica le batterie. La cena in compagnia di Antonio, referente CAI della Campagna e di altri due ragazzi, termina con un’enorme pizza al posto della torta, decorata con la scritta ‘Sentiero CAI’ disegnata con la mozzarella. Un pensiero davvero simpatico! Dopo tante chiacchiere, accompagnate da una buona dose di vino e di grappa che ci fanno proseguire ben oltre l’orario del coprifuoco, collasso a letto bello cotto.

Giovedì – 6 maggio - Ultimo giorno in Campania. Ho lasciato l’agriturismo un po’ più tardi rispetto alla tabella di marcia per aspettare la colazione servita solo alle 7,30. Ne è valsa la pena visto la buonissima crostata fatta in casa che mi ha riempito di energia. Lascio il paese per dirigermi verso il castello di Pedimonte e il paese di San Gregorio percorrendo una bella mulattiera, che fa respirare la storia del passato dove la gente utilizzava giornalmente queste strade per andare a pascolo, per raccogliere i frutti del bosco, insomma per vivere! In ogni passo si assapora un po’ di storia. Scollino sulla piana del Matese e, sullo sfondo, compare l’omonimo lago artificiale incassato in un ampio vallone. Di fronte a me il massiccio del Matese ancora ben imbiancato con la sua cima più alta: il monte Miletto. Davanti ai miei occhi un paesaggio luminoso e verdeggiante dai colori cangianti, grazie anche ai giochi di luce dati dal sole che si rincorre con le nuvole. Dieci minuti di pausa sono d’obbligo prima di partire per l’ultima salita che mi conduce al Colle del Monaco al confine tra Campania e Molise. Il sentiero è incassato nella Valle dell’Esule, ora immersa nelle basse nuvole dalle quali emergono solo le punte dei faggi: un’atmosfera ovattata e sospesa dove la mente sembra quasi perdersi. Nel primo pomeriggio giungo a Campitello Matese, stazione sciistica del Molise posta a 1450 metri s.l.m.. Al rifugio Gezza ritiro due pacchi: stringhe nuove, nuovo carico di cartine e calze sono un bel regalo per il mio ingresso in Molise. Dopo pranzo, accompagnato da ottima birra e tante chiacchere con il rifugista, il viaggio prosegue verso Rocca Mandolfi, paesino molisano dove faccio la spesa. Un gentilissimo macellaio mi regala 3 fette di fegato: stasera cena proteica!! Mi allontano dal paese per trovare un buon posto per l’accampamento e, visto che il vento non cenna a diminuire, riesco a rifugiarmi in una baracca dove un buon piatto di spaghetti con zucchine e il fegato in padella mi aiutano a recuperare le energie. Ora spero solo non passi troppa aria tra gli interstizi per poter riposare.

Venerdì – 7 maggio - Il vento ha soffiato inclemente per tutta la notte, ma fortunatamente la baracca mi ha egregiamente protetto; solo il suono lontano delle pale eoliche mi ha tenuto compagnia per un breve istante prima di addormentarmi e non sentire più nulla. Parto presto, camminando su morbide montagne. Ogni tanto la sguardo torna sui miei passi per salutare il Matese che lentamente lascio alle mie spalle e che scompare dalla vista. Dinnanzi a me la Maiella imbiancata, sempre più vicina e imponente. Tra me e lei la piana di Isernia che raggiungo passando dall imponente santuario dell’Addolorata. Per stradine di campagna raggiungo la piana dove mi aspetta una dura sfacchinata sull’asfalto e sotto il sole: ogni volta è così quando si attraversa il fondovalle di città un poco più grandi! Mi fermo a fare la spesa così da poter colmare i borbottii della pancia con una bella focaccia farcita per poi ripartire sotto il sole. Raggiungo il paesino di Pesche arroccato sulla montagna e, tramite una serie di scale, guadagno il puto più panoramico che mi permette la visuale su tutta la piana di Isernia. Il pomeriggio trascorre su strade sterrate, tratturi, morbide praterie con prati in fiore e pecore al pascolo: ora mi sento davvero giunto in Appennino con il suo paesaggio rilassante e bucolico. Poco prima dell’abitato di Carovilli mi fermo a chiacchierare con un pastore incuriosito per poi rifugiarmi nel portico della chiesa di San Domenico. Qui preparo un buon risotto con i piselli e tonno (mannaggia ho finito la cipolla e non ho potuto fare un buon soffritto!!) e poi a nanna!!

Sabato – 8 maggio - Questa mattina finalmente il vento si è calmato ma, a causa di una distrazione, non ho fatto attenzione a dove mettevo il sacco a pelo e mi sono svegliato con i piedi umidi. Dopo colazione, una bella rinfrescata alla fontana della chiesa mi fa ripartire con il piede giusto e la giusta dose di buon umore. Da Carovilli imbocco il tratturo Celano-Foggia: si tratta di una delle più importanti direttrici per la transumanza chiamato anche autostrada verde, ora purtroppo caduto in disuso e invaso a tratti da arbusti e rovi. Grazie al fondo pianeggiante arrivo in breve a San Pietro di Avellana dove mi concedo un caffè accompagnato da ‘mustaccioli’, dolci tipici del luogo. Mi incammino verso il confine abruzzese, attraverso il fiume Sangro e, dopo solo due giorni, mi ritrovo in una nuova regione! Mi volto sui miei passi, saluto il Molise, da cui sono entrato per monti e proseguo il cammino attraverso nuove valli. Posso confermare che il Molise esiste! Sempre seguendo il tratturo, che diventa via via più trascurato e mi rende il cammino difficoltoso, risalgo verso Roccaraso. Il tempo sembra volgere al peggio: le nuvole ricoprono le cime e l’aspettativa che avevo di vedere finalmente un paesaggio montano, con i rigogliosi e verdeggianti paesi posti a quote più elevate, va in fumo. Arrivato a Rivisondoli insieme alle nuvole si aggiunge una fitta nebbia. Faccio un poco di spesa e proseguo il viaggio verso Quarto Santa Chiara percorrendo i vasti altipiani abruzzesi, posti tra le montagne, usati come pascolo. Tutto è immerso nella nebbia, ma questo non mi impedisce di godere ugualmente del fascino del luogo. Prima di giungere all’abitato di Palena, mi imbatto in un casotto usato dai pastori. All’interno un camino lo rende piuttosto accogliente e decido di passarci la notte: approfitto di questo riparo per curare i piedi messi a dura prova dalle considerevoli ore di cammino, cambio le stringhe alle scarpe e, dopo cena mi corico all’istante: domani finalmente si sale di quota. Speriamo solo che il tempo migliori!

Domenica – 9 maggio - Mi sveglio. Il mio sogno di Abruzzo assolato e dai paesaggi mozzafiato sfuma in un mare di nebbia. Durante la colazione mi accorgo che dalla porta aperta comincia a filtrare un po’ di luce: il mio istinto mi dice che al di sopra di questa coltre indistinta brilla il sole! Dopo mezz’ora di cammino nell’erba umida che mi infradicia le scarpe, il percorso comincia a salire verso il monte Porrara, cima che fa parte della cresta della Maiella. Immediatamente l’umore migliora: sopra di me il cielo azzurro e ai miei piedi un bel tappeto di nuvole che nasconde la valle sottostante. In poco tempo raggiungo la vetta a 2100 mt: qui una vista magnifica che spazia su tutto il massiccio della Maiella posta di fronte a me e quasi sgombra dalla neve. Mi tenta l’idea di passar la notte sulla cima del monte Amaro dove sorge un bivacco caratteristico, dalla forma a palla. Dopo aver scambiato qualche chiacchera con alcuni ragazzi, riprendo lo zaino e comincio la discesa. Sono entrato in un territorio dove l’escursionismo è molto più praticato: i sentieri sono segnati e ben tenuti ed è bello trovare altre persone che camminano e non essere l’unico che ravana per sentieri! Scendo verso Guado di Coccia, sella che separa la zona del Porrara con la parte più imponente della Maiella dove ci sono anche gli impianti sciistici più importanti dell’Appennino. Durante la discesa una bella sorpresa: Antonio, che mi ha contattato su Facebook, mi raggiunge senza nessun preavviso, seguendo la traccia del Tracker e mi accompagna verso Campo di Giove. Prendiamo in considerazione anche la mia folle idea di dormire al bivacco Mario Pelino sulla cima del monte Amaro ma, guardando le carte e le foto del versante occidentale, giungiamo alla conclusione che non è possibile scendere dai canali che al mattino sono ancora gelati. Dovrei salire e scendere dalla stessa strada ma perderei troppo tempo. Rinuncio all’idea e proseguo fino a Giove dove mi aspettano alcuni amici di Antonio, l’assessore e un “trail runner”, proprietario del caseificio ‘Maiella’, che mi regala due caciotte fatte in casa. E’ gran festa: una birra tira l’altra e invece di fermarmi 10 minuti, la sosta dura più di un ora. Ne vale comunque la pena: l’ospitalità e l’amicizia sono senza valore. Con un po’ di ritardo riparto verso il pittoresco villaggio di Pacentro, arroccato a 700 metri di quota e caratterizzato da un castello con tre torri quadrate. Al passo di San Leonardo chiedo alcune informazioni a Paolo, Accompagnatore di media montagna di ritorno da una gita con i clienti, e proseguo poi la discesa verso Roccacaramanico, piccolo borgo purtroppo quasi abbandonato. Per fortuna la presenza di un bar mi permette di ricaricare le batterie con una fetta di torta e un caffè, e di rimpinguare le scorte d’acqua: la prossima notte la passerò al bivacco sul monte Morrone dove manca approvvigionamento idrico. Con zaino pesante arrivo ad ora tarda allo stupendo bivacco ‘Iaccio della Madonna’. Il bivacco è circondato da verdi praterie dove pascolano cavalli liberi. Sono abbastanza stanco. Inoltre, nelle ultime ore di cammino, una fastidiosa fiacca sotto il tallone destro mi ha dato non pochi problemi.

Settiman prossima Gran Sasso! In base alle condizioni meteo ho il progetto di raggiungere la vetta del Corno Grande insieme agli amici della ‘Compagnia del ravanello’ e per fine settimana dovrei riuscire ad abbandonare l’Abruzzo per attraversare i Monti della Laga ed entrare nelle Marche.

A lunedì prossimo!

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