Il cammino prosegue, dopo 12 settimane dalla mia partenza mi sento decisamente in forma. Ogni giorno mi sveglio con la voglia di vedere e assaporare posti nuovi. E’ strano come - nonostante cammini - mi sembra sempre di essere di corsa e di non gustare a fondo tutta la bellezza che ho intorno. Ci sono diversi luoghi e città che avrei voluto esplorare maggiormente, ma che ho dovuto lasciare in fretta per proseguire nel mio viaggio. E’ in questi frangenti che ti accorgi di quanto siamo fortunati a vivere in un territorio come l’Italia, ricco di storia e infinite sfaccettature naturalistiche. Siamo fortunati e dovremmo prenderci sempre del tempo per esplorare le bellezze che ci circondano senza mai dar nulla per scontato.

Lunedì - 26 aprile - mi sveglio presto, mi godo la stupenda alba dal Monte Sirino, un punto di vista privilegiato sul mar Tirreno e il Golfo di Policastro. Dalle sue vaste e spoglie praterie di vetta, lo sguardo può spaziare a 360° passando dall’imponente acrocoro del Pollino alle ampie e verdeggianti valli di Diano e dell'Agri ed arrivare poi al Mar Jonio e Tirreno. Con questa immagine ancora negli occhi, scendo a valle dove ad aspettarmi al Lago del Sirino ci sono Francesco, Biagio e Domenico. Insieme iniziamo a camminare lungo la pista ciclabile che conduce a Lagonegro perdendoci in mille chiacchiere ed è così che una volta salutato Domenico a Lagonegro, Francesco e Biagio decidono di proseguire con me ed accompagnarmi fino a fine tappa. Camminiamo lungo il fondovalle della Val di Noce, valle che prende il nome dal fiume Noce che l’attraversa, fino ad arrivare a Rivello, piccolo borgo collocato su un colle che domina questa valle. Rivello è un bellissimo e caratteristico borgo arroccato su un crinale che si caratterizza per l’essere formato da un intricato sistema di vicoli che sgusciano tra le abitazioni dal quale spicca solo un’enorme chiesa che pare più una vera e propria fortezza. Dopo una breve pausa pranzo continuiamo a camminare verso Rotale lungo uno stupendo sentiero che, tra mille antichi ponti, scavalca tutti gli affluenti del fiume Noce. Arrivati a destinazione veniamo ospitati, grazie alle conoscenze di Francesco e Biagio, dall’ Agriturismo Coccovello che ci mette a disposizione tavoli esterni per mangiare e un posto riparato per me passare la notte in tranquillità nonostante la chiusura imposta.

Martedì - 27 aprile - ieri mi sono perso in mille chiacchiere grazie alla bella compagnia ed ho percorso circa 15 km in meno rispetto a quelli che avevo previsto di fare: oggi devo recuperare! Fatta una ricca colazione offerta gentilmente dal Agriturismo Coccovello, saluto tutti e parto carico di energie per la lunga tappa odierna. Cammino per circa un'ora e raggiungo il Passo di Serralonga dal quale ho potuto godere di una bellissima vista su tutta la Basilicata e poi, in meno di 3 ore, raggiungo Passo del Fortino, meta programmata della giornata di ieri. Il Passo del Fortino si trova sul confine tra la Basilicata e la Campania e mentre inizio a studiare la mappa per individuare la migliore via di discesa vengo raggiunto da una simpatica signora che come benvenuto mi invita a bere una bella tazzona di martini bianco liscio accompagnata da una brioches. Inebriato da questo ristoro imprevisto mi lancio lungo il sentiero che conduce a Sanza praticando del buon vecchio ravanage per circa 1000 metri di dislivello negativo. Raggiungo il paesello di Sanza che sono ormai le 17.00, faccio un poco di spesa e, ancora un pò brillo, decido di non fermarmi e di continuare a camminare per altri c.a. 1000 metri di dislivello - questa volta positivi - per arrivare al Rifugio Cervati.  E’ stata una salita lunga e faticosa, dopo aver pestato neve in Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata, non vuoi farlo anche in Campania ?!  Finalmente raggiungo il Rifugio Cervati che si trova nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Una volta era una caserma per il Corpo Forestale e utilizzata anche come ricovero per pastori, allevatori e tagliaboschi che un tempo popolavano le montagne con le loro attività. Con la trasformazione sociale degli ultimi decenni, la popolazione dei comuni montani ha stravolto le proprie abitudini lavorative, il territorio ha modificato la propria vocazione e anche i rifugi hanno perso la loro funzione. Nel 2000, in occasione del Giubileo, la struttura è stata recuperata e riadattata ai nuovi scopi ricettivi ed escursionistici e, grazie a questo, per la prima volta trovo a disposizione un bivacchino invernale, cosa che non avevo mai trovato nei vari rifugi incontrati fino ad ora lungo il cammino. Sono le 20.00 ormai, mi cucino una cena veloce e poco dopo mi metto a riposare, oggi mi sono fatto oltre 50 km con 2700 metri di dislivello

Mercoledì - 28 aprile - mi sveglio con il sole che penetra dalla finestrella del rifugio. Sgranocchio qualche cosa e mi studio la tappa odierna. Dal Rifugio Cervati mi incammino verso la Cima del Monte Cervati che, con i suoi 1899m s.l.m., è la cima più alta della Campania. Dal Rifugio alla vetta mancano circa 300 metri di dislivello, dovrei cavarmela in poco tempo ma sottovaluto decisamente l'itinerario trovandomi ad annaspare e arrancare lungo una dura salita resa ancor più difficoltosa dalla neve che non smette di accompagnarmi durante questo mio viaggio. Finalmente raggiungo il Santuario della Madonna della Neve, posto in prossimità della cima da dove parte il sentiero per la discesa. Il Santuario fu costruito intorno al X secolo e da oltre mille anni il popolo sanzese porta un simulacro della Madonna dal paese - Sanza- fino alla vetta con una caratteristica processione che si svolge nella notte tra il 25 e il 26 luglio. Nei pressi del santuario vi è la caratteristica grotta rocciosa che conserva l’antica statua lignea della Madonna. Il corteo di fedeli compie poi il percorso inverso dalla vetta al paese all’alba del 5 agosto, festa della Madonna della Neve. Scendo velocemente verso Piaggine dove all’ingresso del paese trovo una bellissima cascata a darmi il benvenuto. Posto perfetto per una breve pausa! Dopo un poco di spesa riparto verso il Monte Vivo, fa caldo, il freddo delle settimane scorse è ormai solo un ricordo, e risalgo con questa sensazione verso il monte percorrendo una strada asfaltata che rende la temperatura decisamente insopportabile. Mi fermo e mi riposo lungo la salita, ormai sono diverse ore che cammino e mi prendo un’altra pausa. Da qualche giorno ho cambiato strategia nel mio cammino, preferisco partire di buon passo al mattino limitando le soste e fermarmi tra le 12.00 e le 13.00 per una bella pausa, così da poter mangiare con calma ed evitare di camminare nelle ore più calde della giornata dove le temperature iniziano a farsi piuttosto alte. Finita la pausa riparto e raggiungo la sella del Monte Vivo dal quale si può notare l’evidente morfologia delle montagne calcaree che si stagliano all’orizzonte. Riprendo la discesa fino al Passo della Sentinella, dove poco dopo trovo una bellissima area pic-nic vicino alla sorgente Sant'Elia. Oggi ho camminato bene e visto che ho ancora tempo a disposizione prima del tramonto, ne approfitto per fare un po’ di bucato, darmi una bella lavata e successivamente piantare la tenda e prepararmi per la notte.

Giovedì - 29 aprile - oggi dovrebbe essere la mia ultima giornata nel Cilento con la salita alla cima più alta dei Monti Alburni. Il Massiccio degli Alburni è un contrafforte calcareo dell’Appennino meridionale che si erge a sud della Piana di Battipaglia conosciuto anche come Dolomiti Lucane. Il suo nome deriva dal candore delle sue pareti calcaree che culminano in diverse cime, la più alta è il Monte Panormo (o Alburno) con i suoi 1748 m. sl.m. Camminando in questi luoghi si può notare l’imponente fenomeno del carsismo, sia superficiale che profondo, che ha modellato forre, inghiottitoi ed innumerevoli grotte. Mi incammino lungo un bel sentiero che si snoda tra faggi, sporgenze calcaree, pareti verticali, doline, buchi e grotte con un torrente che dallo scorrere in superficie all’improvviso scompare in profondità come se fosse stato inghittito da un buco nero. Raggiungo Casone Aresta dove una volta c’era un osservatorio e mi fermo per pranzo prima di fare l’ultima parte di salita verso il Monte Panormo, così chiamato per le ampie vedute che offre dalle sue pendici. Dopo aver mangiato riprendo a salire, la prima parte decisamente dolce che poi si impenna all’improvviso trasformandosi in un itinerario ripido, tipico delle montagne calcaree, fatto di balzi, buchi e gradini. Giunto in vetta mi godo il panorama e mi preparo per la discesa. Dalla cima il sentiero perde quota velocemente, in pochissimi km scendo di oltre 1000 metri di dislivello arrivando a Sicigano degli Alburni, un incantevole centro di origine romana sorto all’incirca nel 450 a.C.. Sicignano ebbe il suo massimo splendore in età medioevale quando divenne borgo fortificato con castello. Nel 1806, in seguito alla distruzione da parte dei francesi, il borgo fu ricostruito da Ferdinando IV di Borbone, solo nel 1928 al nome di Sicignano si è aggiunta la denominazione degli Alburni. Visito lo stupendo borgo e ne approfitto per fare un poco di spesa per poi continuare la mia discesa a valle fino alla stazione di Sicignano. Dai 1748 m. s.l.m. del Monte Panormo sono passato ai 110 m s.l.m. della stazione: decisamente una bella discesa!

Venerdì - 30 aprile - mi sveglio nei pressi della stazione di Sicignano, durante la notte è passata anche la Polfer per verificare chi fossi, un breve controllo due spiegazioni e mi hanno lasciato dormire tranquillo. Lascio la stazione e mi incammino verso Contursi Terme, piccolo centro di 3000 anime situato su una piccola collina che domina la Valle del Sele, che prende nome dall'omonimo fiume che l'attraversa. L'itinerario lungo il fiume Sele, detto anche fiume bianco, è davvero suggestivo e raggiungo verso metà mattina Contursi Terme che, grazie alle numerose sorgenti minerali, è anche conosciuta come il paese delle 100 sorgenti (molte delle quali sono liberamente accessibili). Riprendo a marciare, sono le 11.00 e fa già molto caldo, vorrei lamentarmi, ma visto il freddo, la neve e l’acqua patite nelle settimane precedenti soffro volentieri questa calura primaverile. La strada che porta a Senerchia è tutta in salita e asfaltata, non c’è un metro di ombra e per la prima volta sono zuppo non di acqua o neve, ma di sudore. Arrivo finalmente a Senerchia dove si possono ancora notare le ferite del terremoto dell'Irpinia del 1980. Il Borgo di Senerchia, detta anche S’nérchia nel dialetto locale è posto a circa 600 metri di altitudine è l’ultimo baluardo Irpino in terra salernitana. Senerchia fù fondata tra l’VIII e il IX secolo da popolazioni che vivevano sulla costa e che furono costrette a migrare a causa delle incursioni dei saraceni che all’epoca imperversavano in lungo ed in largo nel Mediterraneo. Il 23/11/1980 il borgo fu sconvolto dalla famosa e triste scossa del terremoto, la cui ricostruzione è partita abbastanza velocemente ed oggi, proprio in prossimità del vecchio borgo, è stata fondata la nuova cittadina che vive ormai in simbiosi con le vecchie case. I lavori di restauro e recupero del vecchio borgo proseguono e vengono mostrati con fierezza dagli abitanti locali. E’ tempo però di lasciare Senerchia e mi incammino verso il Monte Polveracchio dove circa 300 metri sotto la vetta trovo un casermetta militare presso la quale decido di fermarmi per passare la notte.

Sabato - 1 maggio - parto presto, alle 7 sono già in marcia, mi manca poco alla vetta del Monte Polveracchio e voglio raggiungerla il prima possibile. Sottovaluto il terreno che è ancora pieno di neve e 300 metri di dislivello diventano come 1000. Sono un po’ demoralizzato, avrei preferito metterci meno anche perchè nel pomeriggio è prevista acqua e preferirei arrivare a fine tappa il prima possibile ed evitare di bagnarmi. Oggi devo incontrare Domenico, un ragazzo di Montella che mi aspetta a Piano di Verteglia. Riparto dal Polveracchio e scendo all'interno dello stupendo parco dei Monti Picentini dove possono ammirare uno stupendo paesaggio fatto di cascate, rocce e boschi fino a quando non inizia a piovere in maniera intensa. Sono di nuovo zuppo, questa volta non di sudore, ma di acqua. Cammino per diverse ore sotto una pioggia torrenziale ma, per fortuna, una volta giunto a Piana di Verteglia Domenico, grazie all’Associazione Sentieri Briganti, mi ha fatto trovare il Rifugio Verteglia aperto con camino accesso e doccia calda: che bella sorpresa! Non potevo sperare di meglio dopo un pomeriggio passato a letteralmente a mollo nell’acqua. Ceniamo tutti assieme e giunta l’ora del coprifuoco Domenico e i ragazzi della Associazione rientrano a casa.

Domenica - 2 maggio - rimando la sveglia ripetutamente, il vino, le salsicce, gli amari e i formaggi della sera prima mi tengono incollati al letto. Dopo aver combattuto a lungo con l’orologio decido che è ora di partire. Mi godo la Piana Verteglia che ieri a causa dell’acqua e della nebbia non avevo potuto ammirare e successivamente mi sposto sulla cima del Monte Terminio dal quale si gode di uno stupendo panorama sulla Piana di Avellino. Da qui parto per una lunghissima discesa di oltre 1700 metri di dislivello, decisamente molto ripidi, fino a raggiungere Serino. Dopo una breve pausa riparto lungo delle noiosissime strade sterrate e asfaltate che circumnavigano la Piana di Avellino fino ad arrivare a Capo Castello, piccolo borgo dentro il comune di Arcogliano dove ad aspettarmi trovo Carmine. Quattro chiacchiere, una pizza in compagnia e mi trovo un posto dove passare la notte al riparo dal forte vento che nel frattempo si è alzato.

La prossima settimana sarà una settimana di cambiamenti. Dalla Campania dovrei arrivare in Molise - vi dirò se esiste 😉 - e per fine settimana iniziare a camminare in Abruzzo. Se tutto va bene ho previsto delle deviazioni per godermi qualche cima nella Maiella prima e nel Gran Sasso dopo. Ovviamente neve permettendo!

A lunedì prossimo e ricordate: non nevica solo nel Nord Italia!

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