Sono sulla terra ferma, dopo due mesi metto di nuovo piede sul continente. E’ una sensazione strana quella di pensare di essere in fondo allo stivale, un lembo di terra nel cuore del Mediterraneo dal quale si può arrivare fino in Cina a piedi. Osservo i miei scarponi, ammaccati, consumati e, tra le loro pieghe, ripercorro velocemente il percorso che mi ha portato fino a qui. Quante avventure passate insieme, quanti passi, quante gocce di sudore, quante albe, tramonti, pioggia e neve. Mi dovrò prendere un pò cura di loro, di questo mio fedele compagno di viaggio che dopo 1200 km inizia a mostrare i segni di questa lunga avventura.

Martedì - 6 aprile - la sveglia suona alle 4.30, è ancora buio, mi girò un po’ nel letto prima di alzarmi e preparare le cose: oggi mi aspetta la traversata a remi dalla Sicilia alla Calabria. Dopo aver fatto colazione lascio la mia casetta e con Giovanni della Canottieri Peloro raggiungo la loro sede dove è prevista la partenza della traversata. Giovanni - Ficarra - è campione del mondo under 23 del due senza pesi leggeri, un ragazzo allegro con braccia forti che sarà parte del mio equipaggio per la traversata di questa mattina. Arrivati alla sede ritrovo Angelo - mi aveva accompagnato nei giorni scorsi sull’Etna - e il Presidente della sezione CAI di Messina e Novara Sicilia che sono passati a salutarmi. Mi mancherà la Sicilia, ho ricevuto una grandissima accoglienza e solidarietà fin dal primo momento in cui sono - letteralmente - sbarcato su quest’ isola che non scorderò facilmente. Arrivano anche Paolo - Presidente della canottieri - e Maria, che insieme a me e Giovanni saranno l’equipaggio con il quale attraverserò lo stretto di Messina. Prendiamo la nostra barca, una gig 4 con (imbarcazione molto veloce che prevede 4 persone che remano e un timoniere; sono barche utilizzate per gli allenamenti nel canottaggio, molto simili a quelle olimpiche, ma un poco più larghe e stabili in modo tale che possono essere usate anche in presenza di onde), e la mettiamo in acqua nel Lago Ganzirri. Questo lago si trova a circa 9 km da Messina ed è collegato al mare tramite dei canali molto stretti. Iniziamo a remare e ci infiliamo nel canale giusto che ci condurrà in mare aperto e dopo varie acrobazie finalmente ci troviamo nello stretto. I ragazzi che sono con me sono degli abili canoisti e quindi mi mettono al primo posto - capo voga - in modo tale che essendo alle mie spalle possano adeguarsi al mio ritmo. Ho sempre remato solo spingendo la mia Zoukati da 600 kg in solitaria e ci ho messo un poco a capire bene cosa fare e come coordinarmi, ma passato questo primo momento ora mi sento letteralmente su un missile a remi con altre quattro persone che spingono come dei reattori nucleari! Superato l’imbarazzo iniziale inizio a impostare tempi e ritmi di vogata, il campione del mondo è un vero portento ma anche gli altri dell’equipaggio non sono da meno e, mentre nella mia mente passano immagini dei fratelli Abbagnale e nelle mie orecchie risuona la telecronaca olimpica di Galeazzi, mi ritrovo senza neanche rendermene conto a Villa San Giovanni: 20 minuti e lo stretto è stato attraversato! Raccolgo le mie cose e dopo due mesi metto di nuovo piede sul continente. Osservo l’alba che piano piano colora la Sicilia mentre i ragazzi della Canottieri Peloro sfrecciano sulle acque dello stretto sulla via di ritorno in direzione Messina. Carico di energie parto in direzione Reggio Calabria. Il Sentiero Italia non prevede questa tratta, da Messina si dovrebbe traghettare direttamente a Reggio, ed è così che mi ritrovo a camminare per oltre 15km su trafficatissime strade, con macchine e camion che mi sfrecciano a fianco. Non avevo alternative e quindi allungo il passo per limitare al meno possibile questa tortura. Raggiungo Reggio Calabria e, giunto in città, per prima cosa mi prendo cura dei miei inseparabili compagni di viaggio: gli scarponi Aku. Ormai hanno percorso oltre 1200 km, sopportato qualsiasi tipo terreno e meteo ed ora necessitano di essere visitati da un buon calzolaio. Lasciati gli scarponi e avendo 24h di attesa prima che siano riparati opto per dormire a Reggio così da sfruttare questa sosta anche per riorganizzare lo zaino. Ho eliminato del materiale che ora non mi servirà più ed aggiunto altro che mi hanno spedito da casa. Dopo una brioches al gelato, un giro in città e una bella pizza vado a riposare: domani si attacca la Calabria!

Mercoledì - 7 aprile - mi sveglio con calma e aspetto l’orario di apertura del calzolaio per andare a ritirare i miei amati scarponi. La suola è ancora buona, un pò di colla qua e là per rimetterli in sesto e credo che possano essere ancora i miei compagni di viaggio per altri 500/600 km (vorrei arrivare almeno al termine del territorio calabro prima di cambiarli, sigh!). Lascio la città di Reggio salendo un ripido sentiero che porta al Forte di Pentimele. La salita è ripida e dura ma offre uno scorcio bellissimo su Reggio e sul porto di Messina - La Falce - così chiamato per la sua forma e in lontananza vedo addirittura l’Etna con le tipiche nuvole che avvolgono la cima. Inizia ad annuvolarsi e piano piano il sole inizia a scomparire. Proseguo il mio viaggio mentre la meteo peggiora sempre di più e con esso anche il percorso. Da bei sentieri single track si passa a tratti misti tra strade asfaltate e strade sterrate. Mi fermo a pranzare e il vento è diventato molto forte, le cime degli alberi si scuotono in maniera schizofrenica ma per fortuna ad altezza uomo si percepisce molto meno. Riparto velocemente per non prendere troppo freddo, le nuvole corrono veloci sopra la mia testa, ed arrivo a Gambarie a metà pomeriggio. Ci sono 5°C, ma percepiti saranno decisamente meno. Inizio a cercare un posto riparato dove poter passare la notte, ma non ho voglia di aspettare il buio per piazzare le mie cose senza destar sospetto e quindi decido di lasciare l’abitato di Gambarie e trovo un posto nel bosco dove piazzare la tenda. Una volta montata mi infilo nel sacco a pelo per non prendere troppo freddo mentre mi riscaldo sorseggiando una tisana. Raggiunta una temperatura confortevole mi organizzo per la cena: un bel piattone di tortellini e a seguire delle zucchine. Domani speriamo che le previsioni si sbaglino (è prevista neve) e che ci sia un pò di sole così da riuscire finalmente a godermi un pò dell’Aspromonte.

Giovedì - 8 aprile - per tutta la notte ho sentito qualche cosa che picchiettava sulla tenda senza riuscire a capire se fosse acqua o neve. Mi sveglio, apro la tenda e con grande stupore scopro che fuori è tutto bianco. Con un balzo esco dal sacco a pelo e scruto questo paesaggio surreale attorno a me. Pulisco la tenda, sistemo le mie cose e dopo aver fatto colazione parto per la tappa odierna. Ho decisamente il timore di ritrovarmi nella stessa situazione della Sicilia, sprofondare e annaspare nella neve, non so se i miei piedi e i miei scarponi possano ancora affrontare un tale disagio, ma per fortuna le temperature rigide della notte hanno decisamente compattato il manto nevoso e riesco a procedere senza troppo affanno. Mi ritrovo a camminare in posti stupendi lungo un percorso che si snoda all’interno di faggete miste ad abeti bianchi. Ogni tanto le nuvole si aprono lasciando trapelare un po’ di sole che con il contrasto fra l’azzurro del cielo, la neve e i bellissimi faggi e abeti creavano un suggestivo gioco di luce e colori. Verso mezzogiorno raggiungo la cima del Montalto, la montagna più alta dell’Aspromonte - 1955 metri - e dopo aver mangiato qualcosina inizio la mia lunga discesa verso il Santuario di Polsi. La prima parte della discesa è ancora su neve, ma essendo esposta a Sud è decisamente meno compatta e decido di scendere lasciandomi scivolare come se al posto degli scarponi avessi degli sci ai piedi, decisamente divertente! Finita la neve mi ritrovo su un bellissimo single track con vista su tutta la vallata dove un tempo c’era il Lago di Costantino, una volta chiamato degli Lago degli Oleandri. Il Lago Costantino si formò durante l'alluvione nel 1973. Dopo giorni di intense piogge, infatti, il 3 gennaio 1973, una frana di enorme dimensioni partita dal Monte Costantino si rovesciò sul letto del torrente Bonamico, in un tratto mediano della zona tra Polsi e San Luca, assestandosi perfettamente da una sponda all'altra. Si formò così una diga naturale e, nello spazio di qualche giorno, una enorme quantità di acqua e fango riempì l'invaso. Il lago Costantino, si sviluppava in lunghezza per circa 2,4 km sul letto del fiume per un perimetro totale di circa 5 km e una profondità massima di circa 18 metri. La profondità diminuì di anno in anno a causa del deposito alluvionale che, trasportato dalle acque del torrente Bonamico, si riversava nel lago facendone alzare il fondo. Le forti piogge del 2009 hanno accelerato e portato a compimento il processo di insabbiamento del lago Costantino che ora è solo un triste ricordo. Mi immagino il lago e ne sento quasi ancora la sua presenza e piano piano continuo per la mia discesa. Raggiungo il Santuario di Polsi dopo ben oltre 1000 metri di dislivello negativo e, dopo essermi sgranchito un poco le gambe, mi addentro in una fantastica lecceta fino a raggiungere il greto del fiume Bonamico. Mi ritrovo così a camminare sui resti del Lago di Costantino fino a raggiungere San Luca. E’ davvero strano fatico e suggestivo, mi sento quasi come se fossi sul ghiacciaio del Miage di ritorno dal Monte Bianco, una distesa infinita di sassi che non terminano mai. Sono esausto e mi trascino per cinque chilometri fino a raggiungere San Luca. La tappa è stata decisamente lunga - 44 km con 2100 D+ - sono già le 18.30 e sono un poco preoccupato perchè devo ancora fare la spesa e trovare un posto per dormire. Trovo un piccolo alimentari e sfruttando la mia raffinata tecnica del farmi dentro dopo una breve chiacchierata con il proprietario, un paio di chiamate, gentilmente mi trova ospitalità per la notte presso la sede della Cooperativa dell’Aspromonte di San Luca. Mi ritrovo così nel giro di poco tra quattro mura e dopo una pizza, una birra, un’altra pizza, altra birra e forse un’ altra birra ancora con i ragazzi della Pro Loco mi lancio nel mio sacco a pelo a dormire.

Venerdì - 9 aprile - esco dalla sede della Cooperativa, passo davanti alla chiesa del paese mentre una signora pulisce il sagrato, la quale, notandomi, mi chiama e mi invita nella sacrestia a bere un caffè. Entro in chiesa e mentre mi giro dando per un attimo le spalle a questa gentile signora me ne ritrovo un altra identica di fronte: non avrò mica le allucinazioni?! sarà per via dell’nduja di ieri sera sulla pizza ?! E’ solo sua sorella gemella ed insieme dopo aver bevuto il caffè mi portano a fare un giro della chiesa per farmi ammirare santi e madonne che saranno i miei protettori lungo il viaggio. Dopo questo inaspettato incontro, lascio San Luca e raggiungo la Valle delle Grandi Pietre, un posto incantevole, una vallata verde con enormi strutture in pietra che spuntano qua e là in mezzo alla vegetazione. Sono pietre giganti dalle strane conformazioni lungo le quali si trovano addirittura resti risalenti all’epoca Bizantina.

Continuo il mio itinerario fino a raggiungere Zervò, nucleo un tempo abitato dove ora sorge una stupenda fattoria didattica. Superata la fattoria mi ritrovo a camminare su un bellissimo sentiero pianeggiante tra filari di pinete piantumate dalla forestale e stupende faggete all’interno delle quali la traccia del sentiero scompare. Sono così libero di muovermi tra gli alberi seguendo solo i bolli su di essi dipinti. E’ un’esperienza semplice ma suggestiva, un dono, una possibilità, un gioco semplice che permette a ogni viandante di poter scegliere il percorso migliore o preferito per congiungere un bollo all’altro senza per forza usarne uno identico per tutti. Un modo naturale per muoversi senza seguire per forza percorsi preordinati che spesso siamo abituati a e-seguire nella nostra vita quotidiana. Proseguo lentamente fino a raggiungere il Lago di Zomaro, uno stupendo specchio d’acqua all’interno dell’Aspromonte. L’acqua è limpidissima e sulle sue rive l’erba cresce di un verde acceso mischiata con il muschio che rende il terreno decisamente soffice, quasi come un materasso. Il sole sta ormai tramontando e mi godo questo spettacolo senza fretta.

Sabato - 10 aprile - questa mattina finalmente rispetto gli orari che mi sono prefissato. Dalla sveglia alla messa in marcia passano circa 1h 30’. Sembrano molti, ma tra il chiudere la tenda, riposizionare le cose nello zaino, preparare la colazione e studiare la tappa sono decisamente pochi. Le prossime mattine devo uscire dal sacco a pelo subito e non ri-girarmi per 20 -30’ come se dovessi andare a scuola! Lascio il laghetto e inizio quella che sarà una giornata tutta di corsa, in programma c’è una diretta televisiva con Rai1 e visto il scarso segnale lungo l’Aspromonte ci eravamo dati un appuntamento ad un orario preciso in luogo preciso per fare le prove di collegamento. Tengo un passo decisamente forte incurante di quello che ho attorno lungo un itinerario che si snoda tra lunghi piani e brevi salite e discese. Marcio così per 40 km fino a raggiungere Fabrizia senza essere riuscito a fare la diretta che purtroppo per vari problemi è saltata. Poco importa, sono solo le 16.00 e sono già a fine tappa, ho decisamente del tempo per rilassarmi, riposare, organizzarmi per la notte e cucinare qualche cosa con calma. Oggi sono uscito dal parco dell'Aspromonte ed ho iniziato il mio cammino sul Sentiero del Brigante.

Domenica - 11 aprile - Dopo colazione raggiungo il centro del paese di Fabrizia. E’ domenica mattina, sta albeggiando e per le vie del paesello non c’è anima viva. Mi incammino lungo un bellissimo sentiero che passa fra verdi campagne all’interno delle quali scorrono diversi corsi d’acqua formati da massi ricoperti da uno strano e particolare muschio verdastro. Raggiungo così Mongiana, centro abitato formatosi sul finire del ‘700 grazie all’intensa attività nelle Ferrerie Reali all’interno delle quali, tra l’altro, furono forgiate le rotaie per la prima rete ferroviaria italiana Napoli-Portici, realizzato il primo ponte sospeso in ferro d’Italia e costruito il fucile da fanteria modello “Mongiana”. Lascio il paese e mi infilo nel bosco di Ferdinandeatra stupendi faggi e abeti bianchi dalle enormi dimensioni. Arrivo così Serra San Bruno con la speranza di fare la spesa, ma è domenica ed è tutto chiuso. Recupero un pò di pane da un bar, qualche biscotto da un pasticcerie e mi organizzo le scorte per questa sera e domani. Mentre mi allontano dal paese vengo fermato da un ragazzo che mi chiede se ero io oggi a camminare nel bosco di Ferdinandea. Conosco così Giovanni, un ragazzo del posto amante del girovagare fuori traccia, che sta conducendo una ricerca sul lupo. Da qualche settimana ha trovato diverse tracce ed escrementi e sta cercando di capire se è un esemplare in dispersione oppure l’attività di un possibile branco. Ci salutiamo e mentre lui va al lavoro in pizzeria mi incammino alla ricerca di un posto dove passare la notte. Piazzo la tenda e, dopo aver cenato, proprio mentre stavo per sdraiarmi nel sacco a pelo vengo contattato da Giovanni il quale mi sta raggiungendo con una pizza: non si dice mai di no ad una pizza soprattutto viste le mie scarse scorte di cibo per domani! Oggi è stata una giornata rilassante, ci voleva proprio dopo le corse di ieri.

Settimana prossima continuerò a camminare all’interno della Calabria lungo le serre calabresi, ho passato quelle di Catanzaro, nei prossimi giorni sarò su quelle del Cosentino e per fine settimana prevedo di essere all’interno del parco della Sila.

A lunedì prossimo e non abbiate paura di uscire dal sentiero alla ricerca del vostro percorso!

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Consuelo Antonio Bonaldi Aprile 13, 2021

complimenti Elia. Ti seguiamo e per quanto concesso cercheremo di sostenerti. In bocca al lupo per il proseguo. Se necessiti di assistenza nostra facci sapere. Team Outback 97 (per MSR e Cascade Designs ), Consuelo Antonio Bonaldi

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